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IL LAVORO DI RELAZIONE CON LE FAMIGLIE D’ORIGINE 
DEI MINORI INSERITI IN COMUNITA’

Workshop condotto da: Sandro Mandrini, Cooperativa Sociale COMIN

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Autrici del testo: Marta Antezza, Elisa Bussola, Francesca Cantone, Vanessa Cattaneo, Teresita Fumagalli, Mariachiara Giaimo, Anna Guenzi, Greta Mucci, Giulia Panigatti, Pamela Vitali


Workshop n° 6, una scelta motivata


Un workshop da seguire, un tema da scegliere. Siamo partiti a lavorare raccontandoci cosa ci avesse spinto a scegliere proprio questo workshop. Per alcune delle partecipanti era una seconda scelta. Può sembrare una partenza arrancante ma non è stato così. Non c’erano aspettative, ma c’era la curiosità e la voglia di mettersi in ascolto, che hanno favorito un clima di condivisione e partecipazione attiva.
Sandro Mandrini si è trovato di fronte un gruppo che non portava una specifica richiesta, che non aveva pretese e che lo ha portato ad impostare la presentazione come fosse una lezione frontale. 
È venuto però a mancare il senso di gruppo, la condivisione e il confronto. 

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Un dato certo: l’incertezza
La richiesta non era chiara a nessuna di noi: “Produrre un elaborato di gruppo”. Centrato sui contenuti? Prevalentemente centrato sulla nostra riflessione? Chi è il destinatario? Che forma dobbiamo dare all’elaborato? 
Alcuni partecipanti avevano ricevuto indicazioni da parte dei tutor, altri erano completamente all’oscuro di dover produrre un testo di gruppo, ci si aspettava che il conduttore desse ogni chiarimento in merito, ma trovandolo spiazzato e senza tutte le risposte desiderate, sono nate nuove domande. 
Il tempo a disposizione ha permesso al conduttore di delineare solo sommariamente i progetti realizzati con le famiglie dei ragazzi inseriti in comunità. Ci è poi stato passato del materiale relativo ai progetti e alla loro elaborazione. 
Per la scrittura dell’elaborato sono stati individuati dei punti chiave su cui riflettere a gruppi più piccoli. È stata poi individuata una data in cui il gruppo si è potuto confrontare personalmente e occuparsi della stesura finale. 


Chi è COMIN?
La Cooperativa Sociale COMIN nasce nel 1975 a Milano, con lo scopo di realizzare interventi educativi a favore di bambini e famiglie in difficoltà. I settori tradizionali dell’accoglienza in comunità e dell’assistenza domiciliare ai minori, nel corso degli anni, sono stati affiancati da interventi di promozione dell’affido familiare, del benessere e della coesione sociale di giovani e famiglie. Particolare attenzione è rivolta agli stranieri e alla prima infanzia. 

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Comunità, manca qualcosa…
Il materiale che ci è stato presentato fa riferimento ad una progettualità dedicata al sostegno familiare all’interno del contesto comunitario. 
Le comunità della Cooperativa accolgono minori allontanati dalla famiglia d'origine e propongono un intervento basato sulla "significazione" della vita quotidiana.  Si vive come in famiglia, senza dimenticare però quella d'origine. La relazione con gli Educatori non sostituisce la relazione con la famiglia originaria, che viene, anzi, mantenuta e valorizzata, tenendo conto di quanto disposto dall'ente affidatario e dall'autorità giudiziaria. Il presupposto, a questo riguardo, è che ogni minore non possa prescindere dalle proprie radici familiari e dai legami di appartenenza.
La Cooperativa COMIN, negli anni, ha osservato che il rientro nel nucleo familiare di appartenenza,  da parte di minori precedentemente allontanati, necessitava di un percorso di sostegno e accompagnamento, e per questo ha deciso di lavorare per potenziare le competenze educative e genitoriali della famiglia d'origine affinché fosse possibile un rientro a casa del minore dopo il percorso comunitario. 
Nel 2004 nasce, con questo obiettivo, il Progetto Tandem, sostenuto dai finanziamenti della legge 285 del ‘97. Il progetto prevede la costituzione di un’équipe professionale specializzata nell’attività di supporto alla genitorialità. Obiettivo del lavoro educativo è quello di sostenere il minore nella costruzione dell'identità personale e sociale, nella ridefinizione del rapporto con l'ambiente familiare d'origine attraverso percorsi progettuali il più possibile condivisi.
Nel 2009 vengono, però, a mancare i fondi necessari a sostenere il progetto che viene, quindi, interrotto. La Cooperativa COMIN, dopo aver analizzato i risultati ottenuti con il progetto Tandem, decide di investire in una nuova progettazione. Grazie alle sovvenzioni della legge 285/ 97, nel 2012 la cooperativa riesce a far partire il progetto Andata&Ritorno (A&R).

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Tandem… COMe-IN… A&R
Come già precedentemente accennato, il progetto Tandem prevedeva un percorso di sostegno concentrato nei mesi precedenti al rientro in famiglia, dai tre ai sei mesi, e proseguiva, dopo il rientro ancora per uno o due mesi al massimo.  Nella nuova progettazione “Andata e Ritorno” si è invece pensato di intervenire in una fascia temporale più ampia: a partire dall’allontanamento del minore dal nucleo famigliare, alla permanenza in comunità, fino al rientro in famiglia. 
Gli obiettivi che la Cooperativa si era posta nell’ideazione del progetto Tandem prevedevano la costruzione di una rete sociale che potesse garantire alla famiglia un supporto solido dopo il rientro del minore nel nucleo familiare. Nella riprogettazione si è, invece, ritenuto opportuno lavorare su più fronti: stabilire tempi di permanenza in comunità adeguati; supportare i genitori garantendo loro un sostegno pedagogico volto a favorire una riattivazione delle capacità genitoriali già presenti e uno sviluppo di nuove competenze; costruire una rete sociale solida in cui la collaborazione con il Servizio Sociale inviante potesse essere di sostegno alla famiglia di origine per tutto il percorso del minore, dall’allontanamento al rientro a casa.
Quello che, invece, ha accomunato i due progetti, è l’azione educativa. Entrambi i progetti utilizzavano colloqui e incontri modulati a seconda della situazione familiare e delle sue necessità (con la coppia di genitori, con solo uno dei due, allargato con altri figli, con i servizi sociali…)
Negli incontri, concordati e programmati, si è scelto di utilizzare giochi psico-pedagogici e test già strutturati o rimodellati in base alle esigenze come strumenti di conoscenza e di riscoperta di sé e della propria storia familiare (il mio cuore, testacuoremano etc.)

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Andata e Ritorno
Dalla lettura del progetto “Andata e Ritorno” emerge un concetto di famiglia svincolato dai modelli “tradizionali”, composti da madre, padre e figli. Durante la presentazione in aula, il conduttore Sandro Mandrini, Coordinatore dei Servizi per minori e famiglie presso COMIN,  ci ha invitati a riflettere sull’esistenza delle molteplicità di modelli familiari presenti nella nostra società: famiglie allargate, mono-genitoriali, omogenitoriali, di provenienza diversa, talvolta portatrici di complessi intrighi relazionali. Non essendoci un modello unico e lineare, siamo giunti alla conclusione che è quindi necessario, per chi svolge un lavoro con le famiglie, approcciarsi ad esse considerandole non come portatrici di uno o molteplici problemi, ma come sistemi che attraversano e hanno attraversato esperienze e contesti diversi, caratterizzati da un passato difficile. 
La famiglia viene considerata come elemento imprescindibile per la comprensione della storia di sé, nonché risorsa, da cui partire, per la progettazione pedagogica di nuovi interventi. 
Sarebbe sterile e impossibile lavorare su un minore recidendo i legami familiari e quindi la memoria della storia del ragazzo. 
Il servizio si propone di affiancare il nucleo familiare con un lavoro di rilettura critica della sua esperienza, accogliendone le difficoltà, la solitudine e le influenze esterne. La famiglia assume il ruolo di protagonista, configurandosi come nodo essenziale della rete del minore; in un’ottica di sistema, comunica con i Servizi, con la comunità, con i professionisti. Alla famiglia viene riconosciuta la possibilità di assumersi la responsabilità di scegliere e co-costruire un progetto su se stessa, facilitandola a prendere parte a questo percorso di sostegno. L’educatore del servizio fornisce la proposta ma, contemporaneamente, si assume la responsabilità di rispettare un eventuale rifiuto da parte della famiglia stessa.
L’intervento ambisce a restituire il potere decisionale alla famiglia, senza delegare il compito educativo all’esterno. Il delicato lavoro da svolgere con i diversi attori implica l’assunzione di uno sguardo libero da ogni giudizio, concentrato a sostenere il ruolo e le funzioni genitoriali nella quotidianità con i figli. 
A sostenere il lavoro pedagogico è il modello di intervento, chiaro e condiviso, e l’idea che non esiste un modello statico di famiglia a cui ambire. In quest’ottica la famiglia non è vista come blocco monolitico incorruttibile nel tempo, ma piuttosto come insieme fluido in continua evoluzione e cambiamento.
L’équipe intende lavorare insieme alla famiglia dalla presa in carico (Andata) con continuità fino al momento del possibile ricongiungimento (Ritorno). La dimensione temporale rappresenta un aspetto importante del lavoro pedagogico, dal momento che si intende rileggere il passato nel qui ed ora, per allargare possibilità nel futuro.
Il modello di lavoro pedagogico che emerge tratteggia l’intervento educativo come lavoro sostenuto da una forte componente intenzionale, che si riversa nella competenza progettuale, coinvolgendo l’intera rete di servizi. Il monitoraggio, la valutazione qualitativa, le verifiche e la supervisione sono strumenti fondamentali di sostegno al compito dell’educatore e dell’equipe di lavoro. 
Obiettivo implicito è quello di mantenere vive le esperienze della famiglia, per ridefinire il progetto in itinere, abbracciando bisogni ed esigenze emergenti.


Il ruolo del coordinatore
Ci siamo chiesti… e la figura di secondo livello? 
Uno degli aspetti da sottolineare nell’esperienza portataci da Sandro Mandrini all’interno del progetto Andata e Ritorno, è che la sua figura assume contemporaneamente il ruolo di Coordinatore delle comunità minori e quello di Educatore nel progetto di sostegno alla genitorialità. Questa posizione permette di assumere una funzione-ponte tra passato-presente-futuro, tra lavoro dentro-fuori dalla comunità e tra famiglia e minore, dal momento che la comunità viene pensata come spazio aperto, dal confine permeabile, in cui il minore possa sentire l’esperienza comunitaria solamente come un passaggio della propria vita e non come vissuto che esaurisce la sua identità.
Un’attenzione particolare nel ruolo di coordinamento riguarda la scelta degli educatori che si occupano/pre-occupano del nucleo familiare: il genere, l’età, la maturità professionale, la cultura e la sensibilità dell’operatore. Dalla testimonianza di Mandrini è emerso quanto sia importante la scelta dell’operatore a seconda del nucleo familiare che si va ad incontrare. Ognuna delle famiglie dei ragazzi inseriti in comunità è portatrice di una propria cultura; per essere agganciata, necessita sentirsi accolta e rispettata. È quindi fondamentale conoscere la famiglia nei suoi singoli componenti, e scegliere la figura educativa più adatta alla costruzione di un buon percorso. 

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